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Tiziano Internò parla dell’evoluzione della Dakar

Tiziano Internò parla dell'evoluzione della Dakar

Tiziano Internò corre la Dakar con il numero 59, ma è stato proprio oggi costretto al ritiro dopo una brutta caduta che gli ha causato una contusione allo sterno e una piccola frattura al polso. Tiziano ha perso conoscenza in seguito alla caduta, ed al rifornimento credeva di essere alla seconda tappa, perciò i medici sono stati costretti a terminare questa sua prima avventura alla Dakar.

Viene a mancare dunque un interessante progetto che il pilota iscritto alla categoria Original By Motul: Rally POV. per raccontare la Dakar in italiano, Internò ha lanciato una raccolta fondi alla quale si può partecipare con un’offerta senza ricompensa (e si avrà l’onore di avere il proprio nome scritto sulla sua cassa Malle moto, unica fonte di “sostentamento” per 13 tappe), o acquistando una pagina di Road-book o altri gadget, oppure essere sponsor da parte di aziende.

Dimenticando questo sfortunato incidente, andiamo a scoprire cosa pensa il pilota italiano dell’evoluzione della Dakar negli anni!

Contenuti dell'articolo

Intervista a Tiziano Internò

Cristina Cardone: La Dakar è cambiata, negli anni non c’è più stata Parigi e poi nemmeno Dakar. Andare oggi alla Dakar, scegliendo quella che era la Malle moto, è un modo di tornare alle origini? Di correre senza aiuti, come diceva Sabine “questa corsa insegna una cosa: che bisogna sbrogliarsela da soli”?

Tiziano Internò: Sono conscio che la Dakar di oggi sia molto cambiata da quella originale di Sabine. Non c’è più l’Africa, è vero, ma non dobbiamo dimenticarci che anche i mezzi e soprattutto gli strumenti sono cambiati e si sono necessariamente evoluti nel tempo. Ritengo inutile e limitante continuare a ricercare un passato che semplicemente non tornerà più. Gli uomini delle Dakar degli anni 80 e 90 erano veri e propri avventurieri che rischiavano la vita inseguendo le note scritte su un pezzo di carta. Correre oggi la Dakar è, al contrario, un’esperienza maggiormente rivolta al gesto agonistico e sportivo estremo, rispetto a quello più di sopravvivenza e avventura di un tempo. Nonostante questo ho proprio deciso di correre nella Male moto, senza alcun genere di assistenza, perché lo ritengo il modo più umile e vero di approcciare ad un evento così grande. Non mi ritengo un pilota e, proprio per questo, desidero assaporare ogni orizzonte, ogni km ed ogni istante di questa avventura. Poter contare solo sulle mie forze per 15 giorni nel deserto credo sarà qualcosa che riuscirà a plasmare e fortificare ancor di più il mio Sé.

 C: In sella alla moto, davanti il deserto: si scappa da qualcosa o si cerca qualcosa alla Dakar?

T: Nella vita non si può scappare da nulla. Puoi cambiare luogo, cambiare persone… puoi persino provare a correre nel deserto la gara più estrema del mondo, ma presto l’Universo ti verrà comunque a cercare. La Dakar, almeno per me, è l’ennesimo viaggio che desidero affrontare alla riscoperta del mio io. È un modo diverso per esplorare me stesso ed essere messo di fronte alle mie paure, e ai miei talenti.

C: La Dakar, hai detto recentemente, è un sogno che si realizza. Ma vogliamo dire a quelli che stanno a casa quanto lavoro, fatica, tempo, ci si dedica per poter dire: “io sono stato alla Dakar”. E sei consapevole di quale magia sia essere lì?

T: Il progetto Rally POV nasce proprio da questo desiderio: riuscire a raccontare a chi sta a casa la magia del cammino verso la Dakar e della gara stessa. Rally POV è la storia di un ragazzo che, partendo da zero, decide di realizzare il suo sogno sportivo più grande di sempre imparando a navigare e organizzando ogni aspetto di questa gara. Il mio intento primario, anche durante la gara, sarà infatti quello di raccontarla, giorno per giorno, live ed in italiano, mediante una serie di video che andranno a formare un vero e proprio diario di viaggio. Chi sarà a casa avrà così la possibilità di vivere tutti i retroscena e le emozioni della gara più affascinante del mondo.

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