La NBA ha sempre avuto i suoi uomini franchigia nel corso dei suoi settant’anni di vita, ma pochi vantano una carriera lunga con la stessa squadra.
Delle trenta squadre che popolano la lega, ci sono delle leggende che hanno trascorso gran parte della loro storia sportiva con una sola maglia, nelle buone e nelle cattive annate del grande cerchio della vita dello sport statunitense.
In questo articolo elenchiamo i trenta giocatori ricordati per essere stati gli uomini franchigia delle squadre della NBA, ovvero coloro i quali sono riusciti a farsi riconoscere con due soli colori per la loro carriera dentro le arene di tutta America.
La NBA e i suoi uomini franchigia: Ecco i trenta giocatori più longevi
Una delle leghe più anziane del vasto sistema sportivo statunitense, la National Basketball Association, ha avuto tanti giocatori nel corso del tempo e dei suoi settantacinque anni di vita, ma pochi possono dire di aver vissuto gioie e dolori per la stessa franchigia.
Tra finali e serie di Playoff vinte, oppure stagioni di tanking e mediocrità, pochi hanno vissuto quelle stagioni sotto la stessa bandiera e vengono ricordati per essere stati fedeli agli stessi colori.
Ecco i trenta uomini franchigia della NBA, coloro i quali hanno giocato per più tempo con la stessa squadra nella loro carriera nella lega cestistica più importante al mondo.
Dominique Wilkins – Atlanta Hawks
Il primo della nostra lista è “The Human Highlight Reel” Dominique Wilkins, giocatore dalla lunga carriera sia negli States che in Europa, con una breve fermata a Bologna sponda Fortitudo nella stagione 1997-1998, prima di tornare a Orlando e chiudere la sua vita sportiva in campo.
Scelto dagli Utah Jazz da Georgia University come terza scelta assoluta dell’NBA Draft 1982, verrà poi scambiato agli Atlanta Hawks, per i quali giocherà per dodici anni di fila, fino al 1994, quando verrà ceduto ai Los Angeles Clippers prima di diventare free agent alla fine di quella stagione.
Con 882 partite giocate e 23.292 punti realizzati è il più longevo tra i giocatori che hanno militato per la squadra attualmente residente in Georgia, con il suo numero 21 appeso sul soffitto della State Farm Arena in segno di rispetto per il grande contributo mostrato.
John Havlicek – Boston Celtics
Altri tempi gli anni ’60, quando il basket veniva giocato in un’altra maniera e i Boston Celtics erano una delle squadre da battere, e chi se non John Havlicek poteva essere il simbolo di quella franchigia che ha dominato quel periodo?
Attivo con i verdi del Massachusetts dal 1962 al 1978, è stato il volto fresco che serviva alla squadra allenata da Red Auerbach e con Bill Russell in campo come leader, conquistando otto titoli e diventando uno degli uomini franchigia della storica realtà.
Morto nel 2019, ha vestito il verde dei Boston Celtics per 1.270 volte realizzando 26.395 punti nei suoi sedici anni di carriera al Boston Garden, restando impresso nella memoria dei tifosi passati e presenti di una certa età.
Brook Lopez – New Jersey Nets/Brooklyn Nets
Ora si parla di uno dei pochi giocatori ancora in attività di questa lista, ovvero Brook Lopez, attualmente un giocatore dei Milwaukee Bucks, con i quali ha ottenuto il titolo nel 2021, ma il cui nome è legato alla storica franchigia che si è mossa dal New Jersey al centro di New York.
Nove le stagioni ai Nets, con tanti record di franchigia infranti, come quello per punti (14.444), canestri segnati (4.044) e stoppate (972) in 562 gare per la compagine che nel 2013 ha lasciato lo stato dei Devils e del duopolio Giants-Jets per avere un ruolo importante lì dove lo spettacolo è di casa.
Ancora attivo con i suoi 35 anni, ha fatto bene anche da altre parti, ma il legame con i colori bianconeri resterà per sempre tatuato sul suo cuore.
Dell Curry – Charlotte Hornets
Arrivato nel North Carolina come giocatore dei Cleveland Cavaliers non protetto all’Expansion Draft del 1988, che ha dato vita ai Charlotte Hornets, Curry padre ne è stato uno degli uomini franchigia per dieci anni.
Nella sua decade con le “vespe” è stato il giocatore con più punti realizzati, 9.839, e triple segnate, con un totale di 929 tiri da tre messi a segno in 701 gare ufficiali con l’azzurro e il bianco addosso.
Dopo la carriera in campo, Dell Curry è stato il volto della squadra anche fuori, prima come assistente allenatore nel 2007, per poi lasciare prima dell’inizio della stagione per pensare alle gare dei figli, e di uno di loro ne parleremo tra poco, e poi come commentatore tecnico dal 2009 a oggi per le emittenti locali che mostrano le partite della squadra.
Scottie Pippen – Chicago Bulls
La grande epoca dei Chicago Bulls degli anni ’90 è superflua senza un giocatore come Scottie Pippen, prima fido scudiero di Michael Jordan, poi come uomo franchigia nel momento in cui MJ aveva deciso di atterrare per il Baseball o per motivi personali.
Insieme con le varie versioni del grande circo diretto da Phil Jackson, è stato tra i protagonisti di tutti e sei i titoli da loro vinti in due periodi diversi, così come le permanenze dell’ex giocatore proveniente da Central Arkansas, prima dal 1987 al 1998 e poi nella stagione 2003-2004.
856 gare complessive con 15.123 punti realizzati sono il riassunto del suo lavoro nella Windy City, che ha dominato la parte finale del secolo scorso e che ha fatto sognare una generazione.
Anderson Varejao – Cleveland Cavaliers
Nella città che ha dato i natali e la grandezza al Re LeBron, un brasiliano è invece stato colui che ha vestito per più tempo il giallo e granata dei Cavs.
Undici anni e mezzo di permanenza per uno dei ministri del regno di LBJ, rimasto fedele al feudo anche nel momento di assenza del King, anche lui in due periodi diversi, prima dal 2004 al 2016, poi, a fine carriera, nel 2021, giocando 596 partite con Cleveland e totalizzando 4.498 punti.
Per molti resterà il neo del titolo ottenuto nel 2017 con i Golden State Warriors, allora acerrimi rivali dei Cavaliers, ma per molti il numero 17 e i capelli in stile Telespalla Bob sono sinonimo di fedeltà alla stessa maglia anche nel momento più duro.
Dirk Nowitzki – Dallas Mavericks
Uno di quei giocatori che non ha bisogno di alcun tipo di presentazione. Dalla Germania, nel 1998, e per vent’anni, Dirk Nowitzki è stato il simbolo della franchigia texana fino al ritiro avvenuto nel 2019.
Considerato da molti il più grande giocatore europeo di sempre nella NBA, è stato uno di quelli che ha spalancato le porte della lega a tanti colleghi che hanno poi ben figurato nella loro carriera.
Con i suoi 1.522 gettoni è il giocatore più presente di sempre dei Dallas Mavericks, oltre che il miglior marcatore straniero della lega e colui che ha giocato in maniera consecutiva per più tempo con la stessa maglia, ovvero 21 stagioni, condite dal titolo vinto nel 2011.
Alex English – Denver Nuggets
Un altro giocatore dalla carriera longeva è stato Alex English, che ha militato per un decennio con i Denver Nuggets, la squadra campione in carica della NBA.
Il giocatore nativo del South Carolina è stato uno degli uomini franchigia della formazione del Colorado, come dimostrato dai 21.645 punti segnati in 837 partite, nonostante un palmarès povero dal punto di vista dei trionfi di squadra, ma ricco da quello personale.
Anche per lui una piccola parentesi nel nostro campionato di A2 nel 1992, l’ultimo anno della sua carriera, quando giocò a Napoli nel solo girone di ritorno e sfiorò la promozione alla massima serie perdendo la gara decisiva contro Pistoia nel girone giallo dei Playout di A1 di quell’anno.
Joe Dumars – Detroit Pistons
Il più buono dei Bad Boys, un altro che ha fatto dei suoi colori la propria vita. Quindici anni con la stessa maglia, da 1985 al 1999, con la quale riuscì a vincere due titoli prima dell’egemonia di Michael Jordan e dei Chicago Bulls.
1018 partite giocate e 16.401 punti realizzati in quel lasso di tempo per uno di quei giocatori che ha avuto successo sia in campo che fuori, in quanto dirigente nella stessa squadra e artefice dalla scrivania della costruzione del team che conquistò l’anello nel 2004.
Oltre alla sua induzione nell’Hall of Fame nel 2006, subito dopo il ritiro si fece ritirare in suo onore il numero 4 sempre difeso con onore nei suoi anni di carriera.
Stephen Curry – Golden State Warriors
Dopo aver parlato di Curry padre, emblema degli Charlotte Hornets, adesso tocca al figlio, non un giocatore qualsiasi, anzi, uno che ha cambiato le regole del gioco dalla sua introduzione nella lega avvenuta nel 2009.
Altro giocatore ancora in attività, da quasi quindici anni è il simbolo di una delle dinastie più vincenti della storia della NBA, con quattro titoli vinti e due premi di MVP ottenuti nella sua già lunga carriera che lo porterà probabilmente alla Hall of Fame.
882 gare disputate con 21.712 punti realizzati (and counting…) per il giocatore che ha trascorso più tempo di tutti nella Bay Area.
Hakeem Olajuwon – Houston Rockets
Arrivato dalla Nigeria per inseguire il sogno americano, Hakeem Olajuwon ha legato il suo nome alla città di Houston prima a livello collegiale, poi nella NBA, diventando uno degli uomini franchigia della squadra nella sua lunga storia.
Prima scelta assoluta dello storico Draft del 1984, Olajuwon giocherà fino al 2001 per i Rockets, ottenendo due titoli nel periodo del primo ritiro di MJ, per poi concludere la carriera oltre confine, a Toronto, giocando una sola stagione ai Raptors.
1.177 partite giocate nella sua carriera con 26.511 punti segnati nei suoi diciassette anni di permanenza nella franchigia, incluso il record di stoppate nella storia della lega, con 3830 palloni bloccati.
Reggie Miller – Indiana Pacers
Reggie Miller fa parte di quegli uomini franchigia che sono delle leggende anche se non sono riusciti a vincere quell’anello che contraddistingue la carriera di tanti giocatori, ovvero Reggie Miller, che nello stato dove il Basket è più di uno sport è stato più di un giocatore.
Diciotto stagioni giocate in NBA, tutte con i Pacers, per un totale di 25.279 punti segnati e grandi momenti nella storia della lega che sono rimasti impressi nella mente del pubblico.
Pochi come il numero 33, altro numero appeso nelle arene, hanno saputo essere letali, controversi e apprezzati in campo, anche con la maglia della Nazionale, con la quale vinse l’oro ad Atlanta, alle Olimpiadi del 1996.
DeAndre Jordan – Los Angeles Clippers
Il cestista texano negli ultimi anni è rimasto coinvolto nel valzer di stelle alla ricerca di quel titolo, arrivato quest’anno con i Denver Nuggets per cementificare la propria carriera, iniziata nel 2008 con i Los Angeles Clippers.
DeAndre Jordan è stato, insieme con Blake Griffin e tanti altri, uno dei membri di quella Lob City che aveva dato spettacolo nelle arene di tutti gli States.
750 partite e 7.078 punti segnati nel prime della sua carriera, che ha visto una virata nel 2018 quando firmò un contratto annuale con i Dallas Mavericks.
Kobe Bryant – Los Angeles Lakers
Serve aggiungere altro? I Los Angeles Lakers sono sinonimo di eccellenza nella pallacanestro mondiale, e chi se non il numero 8 prima e il numero 24 poi per descrivere meglio quella che è la metà gialloviola della California.
Venti anni dalle due facce, dall’impegno e dalla devozione che sono poi stati portati in campo nelle 1346 apparizioni e nei 33.643 punti segnati con la sua franchigia, quella che tutti vedevano come il pinnacolo dello sport.
La sua morte, avvenuta nel 2020, ha messo sotto shock non solo il mondo del Basket, ma l’intera opinione pubblica, colpita dal decesso di uno dei campioni e fonte d’ispirazione di tanti ragazzi che hanno seguito il suo stesso cammino.
Mike Conley – Memphis Grizzlies
Un altro veterano in attività della lega è Mike Conley, che ha trascorso dodici anni in Tennessee insieme con i Memphis Grizzlies, da quando fu scelto al Draft del 2007 da Ohio State fino al 2019, quando fu mandato via trade agli Utah Jazz.
Sono però stati tanti gli infortuni che hanno minato questo percorso e non sorprende il fatto che l’unico anno dove ha disputato almeno un minuto in tutte e 82 le partite è stato il secondo, quello da sophomore.
Sono state 788 le apparizioni in pubblico di uno degli uomini franchigia della formazione di Memphis, con 11.733 punti segnati nel corso di questo lasso di tempo.
Udonis Haslem – Miami Heat
Nato e cresciuto a Miami, Udonis Haslem ha dovuto vivere un anno di purgatorio in Francia prima di giocare per il resto dei suoi venti anni ai Miami Heat tra gioie, dolori, e tre titoli conquistati.
Terzo giocatore ad aver militato per due decenni per gli stessi colori, è il leader all-time per rimbalzi catturati ed è il giocatore con più gare giocate per la sua squadra con 919 partite disputate e 6.836 punti segnati, nonostante le annate da una sola partita giocata.
Casualmente, alle ultime NBA Finals giocate è diventato il più anziano (43 anni) ad aver giocato le finali, entrando negli ultimi secondi di Gara 3 contro Denver.
Michael Reed – Milwaukee Bucks
Ci sono quei giocatori che le strade hanno visto e che non si dimenticano facilmente, e il nome di Michael Reed è noto per i tifosi di vecchia data dei Milwaukee Bucks. Dopo un inizio in sordina, giocando male, l’ex prodotto di Ohio State è poi cresciuto.
578 incontri e 11.554 punti realizzati dal 2000 al 2011 per uno dei membri del Redeem Team, quella squadra che a Pechino 2008 riuscì nel compito di vendicare la delusione di Atene 2004 dominando e portandosi a casa l’oro per la quarta volta con i professionisti in campo.
Anche per lui a sfortuna e gli infortuni sono stati il leit motiv della sua carriera, con la stagione 2008-09 saltata a causa della rottura del legamento crociato di quel Gennaio.
Kevin Garnett – Minnesota Timberwolves
Uno dei giocatori più duri da affrontare. Questo è stato Kevin Garnett per chi tra anni ’90 e 2000 ha avuto a che fare con una delle migliori ali grandi di sempre, tra gli uomini franchigia dei Timberwolves.
Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano. Questo è stata la storia di KG con la sua franchigia, prima dal 1995 al 2007, prima dello storico scambio a sette che lo ha poi portato a firmare con i Boston Celtics, e poi con i Brooklyn Nets, prima di ritornare dove tutto era iniziato per chiudere la sua storica carriera.
970 partite e 19.239 punti segnati con la stessa maglia nei quasi quattordici anni tra le due esperienze nello Stato gelido, scrivendo sempre più i libri delle statistiche della franchigia e facendosi trovare pronto quando c’era bisogno.
David West – New Orleans Pelicans
L’uomo franchigia dei Pelicans viene da un’altra epoca, quando nella Big Easy City i pellicani erano vespe a causa della rilocazione di Charlotte, che nel 2002 spostò baracca e burattini in Louisiana prima di rivedere il basket con i Bobcats.
Scelto al Draft del 2003, West rimase per otto stagioni con la canotta degli allora Hornets, disputando 530 gare e realizzando 8.690 punti nel mentre, prima di ritirarsi nel 2018 da gregario nei Golden State Warriors.
Oltre ai due titoli vinti nella carriera nel biennio 2017-2018, David West è stato un due volte All-Star, proprio quando giocava in Louisiana, nel 2008 e nel 2009.
Patrick Ewing – New York Knicks
Altro simbolo del Basket degli anni ’90 è Patrick Ewing, che non ha mai vinto l’anello nella sua carriera, andandoci vicino in due occasioni, nel 1994, quando perse le finali NBA contro gli Houston Rockets, e nel 1999, quando da infortunato non disputò la serie contro San Antonio.
Quindici lunghi anni al servizio della prima squadra della Grande Mela, con 1.039 gare disputate e 23.665 punti segnati con una sala trofei personale molto ricca, nonostante il fatto che non sia mai riuscito a conquistare quel titolo che tanto gli è mancato.
Dopo l’esperienza a New York, dove è stato uno degli uomini franchigia, Ewing ha chiuso la carriera prima a Seattle, poi ad Orlando, dove smise nel 2002.
Nick Collison – OKC Thunder
Legare il nome di Nick Collison a quello di due franchigie è come unire il cammino di queste due squadre divise ma unite nello stesso cammino.
Scelto dai Seattle Supersonics nel 2003, cinque anni dopo sarà nel primo roster degli Oklahoma City Thunder, restandovi per altri dieci anni, diventando Mister Thunder, anche se non è mai stato una vera e propria stella della squadra.
Nelle 910 gare disputate, 602 con i colori degli Oklahoma City Thunder, ha realizzato 5.359 punti, 2.846 contando solo quelli dei dieci anni in Oklahoma.
Nick Anderson – Orlando Magic
Quasi una vita in Florida per l’ex Illinois Fighting Illini, che ha trascorso dieci stagioni sfiorando il titolo nel 1995 pero contro i Rockets. In quella serie finale fu decisivo in negativo a causa degli errori in Gara 1 sui tiri liberi nel finale che diedero la vittoria ai texani, con i tifosi che gli diedero come soprannome “Nick the Brick”.
Dal 1989 al 1999 in maglia Magic, ha giocato 695 gare ufficiali realizzando 10.650 punti complessivi, prima di concludere la carriera prima a Sacramento con i Kings, dove giocò un paio di stagioni, e poi a Memphis, dove si ritirò nel 2002.
Anderson fu il vero sinonimo del termine “uomini franchigia”, in quanto fu la prima scelta assoluta nella storia dei Magic, che nel 1989 entrarono nella lega come Expansion Team.
Hal Greer – Philadelphia 76ers
Un’altra icona di altri tempi fu Hal Greer, che giocò nella stessa franchigia dal 1958 al 1973 con i Philadelphia 76ers, prima chiamati Syracuse Nationals.
1.122 partite giocate nella sua carriera con la stessa squadra, 758 nei dieci anni nella città dell’amore fraterno, con 21.586 punti realizzati, 15.177 per i Sixers, con i quali conquisterà il titolo nel 1967 insieme con campioni come Billy Cunningham e Wilt Chamberlain.
Morirà nel 2018 a Phoenix a causa di una breve malattia, con la sua squadra, quella che ha difeso per 15 anni, che lo ha onorato indossando una fascia nera in segno di lutto durante i Playoff di quell’anno.
Alvan Adams – Phoenix Suns
Molto prima dei successi recenti, Alvan Adams è stato il simbolo della formazione dell’Arizona, sempre nell’orbita dei Suns anche a fine carriera, dove adesso è tra i dirigenti del Footprint Center, arena di casa dei tre volte campioni di conference.
Tredici anni, dal 1975 al 1988, con 13.910 punti realizzati e tanti record per la franchigia, tra questi, è il secondo top scorer della storia della squadra, è diventato Rookie dell’anno nel 1976 e ha il numero 33 ritirato dal team di appartenenza.
Adams è un altro di quei simboli che, nel bene e nel male, sono rimasti fedeli a due soli colori sia durante che dopo la carriera nella NBA.
Clyde Drexler – Portland Trail Blazers
Altro grande campione della lega tra anni ’80 e ’90, Clyde Drexler è stato tra gli uomini franchigia dei Portland Trail Blazers, molto prima di quel Damien Lillard che ora vuole scappare da una città che lo ha tanto voluto bene, e che adesso vuole diventare competitivo.
Fu uno dei migliori giocatori nel suo ruolo, quello di guardia, dove con il rossonero nel cuore ha giocato dodici stagioni, dal 1983 al 1995, con 867 partite ufficiali e 18.040 punti segnati, e il suo numero 22 che è stato ritirato dalla franchigia.
Nonostante ciò, è riuscito a trovare altre fortune altrove, conquistando un titolo a Houston nel 1995, e venendo nominato tra i cinquanta migliori giocatori della NBA nel 1998.
Sam Lacey – Sacramento Kings
Anche se non ha mai giocato in California, Sam Lacey è stato il simbolo della franchigia in undici anni prima a Cincinnati con i Royals, poi a Kansas City con i Kings.
Scelto al primo giro del Draft del 1970 dalla franchigia, allora in Ohio e ora in California, con la quinta scelta assoluta, giocò fino al 1981 con la squadra con 888 gare ufficiali e 9.895 punti segnati prima di cambiare aria e andare nel New Jersey.
Infatti, chiuderà la sua carriera prima con i New Jersey Nets e poi con i Cleveland Cavaliers, nel 1983.
Tim Duncan – San Antonio Spurs
The Big Fundamental entrò nella lega come un predestinato. Iniziò come fido scudiero di David Robinson per poi diventare il suo erede nel corso del tempo, diventando una leggenda della NBA e dello sport.
Uno degli uomini franchigia dei texani, giocò per diciannove anni, dal 1997 al 2016, tutte con la squadra allenata allora come oggi da Gregg Popovich, giocando per 1.392 volte e segnando 26.496 punti entrando nel dibattito tra i migliori di sempre nella storia di questo sport.
Finita l’avventura da giocatore, è rimasto comunque nell’orbita Spurs sia come vice allenatore che come consulente per i Rookie, come nel caso di Victor Wembanyama, che quest’anno debutterà nella lega ed è già visto come la “Next Big Thing” del Basket.
DeMar DeRozan – Toronto Raptors
Straight Outta Compton, così come gli N.W.A, DeMar DeRozan si è trasferito nel profondo Nord all’inizio della carriera cestistica post college.
I Toronto Raptors sono stati il capitolo forse più importante della guardia ora ai Chicago Bulls, con 675 gare disputate e 13.296 punti realizzati è il più presente di sempre della storia della prima e oggi unica franchigia sopra gli States.
L’unico rimpianto della carriera è probabilmente stato quello della trade che lo ha coinvolto con Kawhi Leonard e il passaggio a San Antonio, perdendosi così un titolo storico per sé e per un paese intero.
John Stockton – Utah Jazz
Arrivato in punta di piedi nella terra dei Mormoni, John Stockton si ritirò alla stessa maniera, con una lettera e tanto amore per i colori dei Jazz dimostrato nei suoi 19 anni di carriera.
1504 gare ufficiali e 19.711 punti per uno dei veri uomini franchigia della NBA, sempre fedele alla sua squadra e uno dei migliori assistman di sempre, componendo una grande coppia insieme con Karl Malone e andando vicino in un paio di occasioni all’anello, poi perso contro i Bulls di MJ nel biennio 1997-1998.
Fu uno dei più grandi di sempre nel suo ruolo, anche senza quel titolo, con il numero 12 ritirato e una statua celebrativa in suo onore come dimostrazione del suo legame con la squadra.
Wes Unseld – Washington Wizards
Ultimo della lista, ma non per importanza, è il compianto Wes Unseld, che legò il suo nome alla capitale degli Stati Uniti d’America.
Dal 1968 al 1981 l’ex centro, che divenne Rookie dell’anno e vinse un anello nel 1978, giocò 984 partite tra Baltimore e Washington, quando la squadra si chiamava Bullets prima della rivoluzione degli anni ’90, dove si preferì legare i maghi alla città con più sparatorie all’epoca.
Morto nel 2020, fu anche Head Coach per sei anni della squadra, raggiungendo solo una volta i Playoff, nel 1988, perdendo in quattro gare contro i Sixers.