
Anthony Joshua vs Tyson Fury fin da principio ha assunto le fattezze di un evento destinato a scrivere la storia della boxe e dello sport in generale. Però i diamanti costano, si sa. La macchina mediatica e organizzativa dietro un incontro del genere è enorme e a questo vanno sommate le borse stellari richieste dai due pesi massimi per il match di unificazione.
Tanti, maledetti e subito
Questa la ricetta lineare del promoter di Anthony Joshua, Eddie Hearn. Il boss di Matchroom ha già dimostrato con Joshua Vs Ruiz II di non essere molto incline a romanticismi patriottici, ma di preferire mete ricchissime ed “esotiche” per i suoi grandi eventi.
Con la situazione economico/politica attuale (emergenza sanitaria COVID inclusa), poi, c’è ancora più disperato bisogno bisogno di liquidità e snellezza burocratica per realizzare nel breve un mega-evento. Per questo motivo in ballottaggio ad oggi ci sono: Singapore, Medio Oriente (Qatar o Arabia Saudita) e Cina.
Le parole di Hearn sembrano confermare in modo inequivoco questa tesi.
“Anche prima della situazione attuale non c’era la garanzia di fare il match in Inghilterra perché ad oggi è molto improbabile pensare di ottenere il permesso per fare un evento da 90mila persone a Wembley. E’ quindi molto più logico che si faccia all’estero. Al momento l’ultima cosa da definire è la divisione delle borse, ma dovremmo esserci”.
Vagonate di soldi per Anthony Joshua e Tyson Fury
Come anticipavamo, i due re dei pesi massimi non sono stati parchi nelle richieste. Al momento si parla di più di 100 milioni di sterline a testa. Per la divisione, invece, 50/50 per il primo match e 60 (per il vincitore del primo match)/40 per il rematch sembrano essere gli accordi raggiunti ad oggi.
Insomma una pioggia di banconote che, senza la possibilità di aprire i cancelli al pubblico, sembra più probabile che vengano pagate con l’aiutino di qualche Stato in cerca di promuovere la propria immagine sportiva e con risorse finanziarie astronomiche alle spalle.