Il Judo racchiude bene i tratti di una definizione di sport tutta da riscoprire e l’abbraccio tra la saudita e l’israeliana a Tokyo va in questa direzione.
L’incontro tra l’araba Alqahtani e l’israeliana Hershko dei sedicesimi del torneo olimpico di Judo, nella categoria dei -73 chili, è passato alla storia. Non per il risultato finale, ha vinto Hersko, ma perché alla fine del match sul tatami c’è stato un abbraccio e un saluto che non era affatto scontato tra le due atlete. La federazione internazionale di Judo ha scritto: “Un notevole passo avanti nel segno del rispetto e dell’amicizia a dimostrazione di come lo sport possa andare oltre ogni influenza politica o estranea ai valori olimpici”.
Partiamo dallo sport in generale in sé che non può essere semplicemente descritto come un insieme di attività piuttosto che come un’indubbia fonte di guadagno per sponsor, banche o associazioni, perché spesso la sua definizione sta in ciò che esso rappresenta per la gente, le emozioni che trasmette e soprattutto i valori che lascia altruisticamente agli appassionati.
Lo sport è uno strumento sociale, che, se interpretato nel modo giusto, porta a cambiare mentalità e a migliorare anche il nostro modo di vedere noi stessi e gli altri, influendo sullo spirito ed essendo ispirante. In questa cornice si inserisce quale candela sul candeliere il Judo.
Il Judo è in quell’abbraccio
Con il Judo si parla di un’arte marziale giapponese, che, come per la maggior parte delle discipline orientali, ha origini antichissime (sebbene sia stata codificata sul finire dell’800′) ma nonostante questo conserva ancora le sue tradizioni e soprattutto i suoi significati.
Il Judo nacque dal Ju-jutsu. Vi fu un tempo infatti in cui l’arte del Ju-jutsu andò perdendosi, scemando del suo prestigio e diventando una nota dolente per il Giappone. Ci voleva un qualcosa che rinnovasse il Ju-jutsu, che rendesse attuale quegli insegnamenti, quel concetto di Via presente ormai solo nei monasteri, una sorta di “revisione in termini moderni”. Se ne incaricò Jigoro Kano, il cui Judo Kodokan sostituì il sorpassato Ju-jitsu proponendo una Via per la realizzazione dell’uomo, rifacendo delle Arti Marziali, motivo di orgoglio per il Paese del Sol Levante.
Lui stesso definì il Judo “Massima Efficacia con il Minimo Sforzo” e “Prosperità e Mutuo Benessere”. Applicando questo principio al corpo otteniamo un’ottima forma di educazione fisica; nel contempo si possono ottenere grossi miglioramenti dal punto di vista intellettuale e morale: diventa così una forma educativa in senso lato che può essere applicata a tutte le problematiche della sfera sociale.
In tal modo assume l’aspetto di un modello di vita. Kano vedeva nel Judo uno strumento di perfezionamento dell’individuo il cui più alto stato spirituale è quello in cui le individualità vengono superate, “Io” e “gli Altri” diventano un tutt’uno con l’instaurazione dell’armonia universale. Lo studiare ed il praticare l’attacco e la difesa è un aspetto del Judo: il comprendere il principio della Massima Efficacia è la chiave di volta, perché è vitale anche per lo studio della tecnica.
E’ però impossibile applicare la Massima Efficacia, il migliorare corpo e spirito attraverso lo studio della difesa e dell’attacco se tra i componenti del gruppo non vi è armonia, e questa la si può ottenere solo tramite la disponibilità e le reciproche concessioni, che generano “Prosperità e Mutuo Benessere”.
Il Judo lontano di Yekhlef e Nourine
Il Judo ha conquistato un capitolo importante di queste Olimpiadi di Tokyo per un incontro che non aveva una medaglia in palio, ma molto di più. Perché la sfida degli ottavi di finale tra Raz Hershko e Tahani Alqahtani ha regalato una speranza con una bella immagine di pace.
Un’immagine giunta dopo il rifiuto di dell’atleta algerino Fethi Nourine di combattere contro l’israeliano Tohar Butbul, nella categoria dei -73 chili. Gli applausi reali sono stati pochi, perché pochi sono gli spettatori al Nippon Budokan, ma a livello mondiale ci sarà una standing ovation per Alqahtani e Hersko.
Poco prima di questo regalo al mondo intero, era andata in scena una vicenda dai risvolti potenzialmente geopolitici. L’atleta algerino Fethi Nourine aveva annunciato il proprio ritiro una volta usciti i calendari del torneo, nel quale si sarebbe trovato ad affrontare il judoka israeliano Tohar Butbul.
A parlare era stato poi il tecnico dell’atleta, Amar Ben Yekhlef: “Non abbiamo avuto fortuna con il sorteggio – il commento di Yekhlef – Il nostro judoka Fethi Nourine avrebbe dovuto affrontare un avversario israeliano, e questo è il motivo del suo forfait. Abbiamo preso la decisione giusta. Abbiamo lavorato duramente per qualificarci ai Giochi, ma la causa palestinese è più grande di tutto questo”.
Anche il sudanese Mohamed Abdalrasool si era ritirato pur di non affrontare l’israeliano Tohar Butbul. Per questo sono poi stati sospesi dalla federazione internazionale del Judo.