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Luciano Carcheri e Roberto Musi parlano delle emozioni della Dakar

Luciano Carcheri e Roberto Musi parlano delle emozioni della Dakar

Luciano Carcheri e Roberto Musi hanno corso l’edizione 2021 della Dakar nella categoria Classic con il numero 225, classificandosi settimi nel ranking finale.

Carcheri è un vero veterano di questa storica gara, con la sua prima partecipazione arrivata nell’ormai lontano 1992, per poi partecipare anche nelle edizioni 1995, 1996, 1997, 1998, 2000, 2001 e 2002, per poi tornare nel deserto 18 anni dopo nel 2021, per la prima volta lontano dall’Africa, tracciato originale della Dakar. E proprio i deserti africani ci ha parlato in questa intervista.

Luciano Carcheri e Roberto Musi parlano della Dakar

Cristina Cardone: Che cosa significava attraversare l’Africa, nella Parigi-Dakar?

Luciano Carcheri: La Dakar è sempre stata un desiderio, poi fare la Parigi-Dakar è stata un’esperienza unica, ne ho fatte 8, di cui 7 in moto. Correndo in edizioni davvero stupende, infatti, quello che pensavo arrivato qui è se avrei trovato una parte del percorso che c’era in Africa con le sue diversità. Mentre si attraversava l’Africa, per capire, il Marocco tutti sassi, la Mauritania tutta sabbia, con le pietre sotto la sabbia, pericolosissime, la Guinea e il Mali con piste di laterite, il Sahel con piste saheliane, territori e piste che davano un fascino completamente diverso, quindi bisognava anche cambiare il modo di andarci in moto.

C: Cosa si provava ad arrivare alla “spiaggia”? Al di là dell’ordine di arrivo ma arrivarci. A Dakar.

L: Arrivare al lago Rosa era il mito dei dakariani, per me è stata una soddisfazione arrivarci per 6 volte su 8, reputo di essere se non un miracolato, fortunato, le corse erano durissime, le tappe inarrivabili, 1450 chilometri a volte, una follia, molte erano le insidie e non era facile superarle tutte, però gestirle bene faceva la differenza. In ogni caso il lago Rosa è il faro di arrivo.

C: Voi pensate che si potrà tornare un giorno a correre, da Parigi a Dakar?

Roberto Musi: se qualcuno organizza una gara da Parigi a Dakar, degli iscritti potrà averne. Ma se non ha una potenza economica non può concorrere con la Dakar. Che la Dakar torni in Africa per me è impensabile. Io poi sono un integralista, nel senso che la Dakar, deve finire a Dakar, se no non è la Dakar, e deve essere nel Sahara. Quando l’hanno spostata in Sud America mi è sembrata una bestemmia chiamarla “Dakar”, chiamala “gara bellissima in sud America” ma non chiamarla Dakar. In Arabia almeno i paesaggi sono molto simili.

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