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TabUi l’app per seguire la Dakar a 360°: come funziona?

TabUi l'app per seguire la Dakar a 360°: come funziona?

La Dakar ha preso il via oggi e tantissimi appassionati cercano in ogni modo di immergersi nell’atmosfera che i piloti vivono mentre sfrecciano giorno dopo giorno in questa appassionante competizione. Grazie all’applicazione TabUi è possibile seguire la Dakar a 360°. Cristina Cardone ha intervistato per noi Giorgio Proglio, creatore, chairman & CEO di tabUi

Intervista a Giorgio Proglio, creatore di tabUi

Dopo i saluti di rito in piemontese (entrambi cuneesi) parte l’intervista a Giorgio Proglio, ideatore della app tabUi (letteralmente “cane da tartufi”, in piemontese), che quest’anno è anche sposor alla Dakar.

Cristina: Fammi capire una cosa, io ho scaricato la app di tabUi, quindi che succede dal 2 Gennaio? Mentre faccio colazione, in pigiama, con i torcetti di Lanzo affogati nel cappuccino, apro tabUi e sono alla Dakar in sella con Zacchetti? [Ride, ndr]

Giorgio: Il progetto è nato con Cesare lo scorso anno. Premetto che non capisco di moto. Nel 2019 dico a Cesare Zacchetti, caro amico, che avrei voluto mettere il logo di tabUi sulla sua moto.
Mi ha risposto: “ma cosa c’entra una app nata per valorizzare il territorio delle Langhe con la Dakar?” “Portiamola alla Dakar”, ho detto. Intanto tabUi, che nasce ed è la rivoluzione della realtà aumentata, quest’anno tocca i centomila utenti. Laggiù sarà un innovation test, Cesare nei trasferimenti, ai bivacchi, userà la app, raccogliendo dati per la realtà aumentata. Vedi per quanto riguarda le mappe, le cartografie, l’Arabia Saudita non ha ancora preso accordi con tutti i paesi, o le società tipo Google. Se un domani si dovesse mappare quella zona, facendo raccogliere i dati, verificando come funziona nel deserto in situazioni di umidità e calore… avrò dei risultati, avendo la possibilità di far fare a Cesare questo test della applicazione. Inoltre noi comunichiamo agli utenti che Cesare è là e potrà rispondere a delle domande o curiosità. Sceglieremo tra le domande quelle più curiose e lui farà un video dove risponde. Compatibilmente con le difficoltà, perché corre senza assistenza e quindi dovrà anche occuparsi della moto a fine tappa.

C: In un momento come questo, perché hai creduto nella Dakar?

G: Credo a tutto, in questo momento. Sono un ottimista, mi piacciono le cose “fighe” e un po’ strane, se mi avessero chiesto di sponsorizzare il calcio non sarei stato interessato, la Dakar è strana. Ho bisogno di innamorami delle cose. Cesare mi ha fatto appassionare. Dici Dakar e hai detto tutto. È una malattia.

C: Ora ti dirò una cosa: se ti ammali di Dakar non guarisci più

G: Vero

C: Qual è il tuo primo ricordo della Dakar?

G: Ero piccolo. Ricordo il simbolo del Tuareg, quelle “congiunzioni astrali” particolari. Mi piacevano i loghi, li ritagliavo. La guardavo, la vivevo. C’erano Orioli, Peterhansel, le macchine che prendevano fuoco. Poi per anni non mi sono più interessato, ora a riguardarla e a riviverla con Cesare, capisco che è sempre quella. Anche quando succede che muore qualcuno, come lo scorso anno, Gonçalves, quando Cesare è tornato gli ho chiesto a questo proposito: “ma non hai paura?” lui mi ha detto: “Giorgio lo sappiamo, abbiamo scelto questa gara. E la gara non si ferma nemmeno se accadono queste cose.”

C: Bene, quindi tabUi insegna che ci sono ancora terre da “conquistare”?

G: Assolutamente sì

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