Houston Astros, la franchigia della MLB afferma di aver trovato la formula del successo instaurando una cultura vincente attraverso la costituzione di una “grande famiglia unita”.
“Non abbiamo opuscoli“, afferma ironicamente, Lance McCullers Jr, scelto dagli Houston Astros nel 2012.
La verità è che la squadra che è stata capace di raggiungere le World Series MLB in quattro anni su sei, e le American League Championship Series in tutte quelle stagioni, che è sopravvissuta a due regimi di front office, alla partenza di giocatori superstar, a uno scandalo che ha sconvolto la franchigia e a un cambio di gestione, non è improvvisata.
Houston Astros, secondo campionato in arrivo?
Venerdì sera, quando gli Houston Astros incontreranno i Philadelphia Phillies in Gara 1 delle World Series, l’unico ossessivo obbiettivo sarà la vittoria: “l’attenzione ai dettagli, il livello di concentrazione negli allenamenti, l’impegno e la preparazione. Giocare fino in fondo ogni singolo giorno e non arrendersi mai”, questo il segreto del successo confida il terza base Alex Bregman.
“Non diamo niente per scontato, possiamo giocare in una squadra che è una delle migliori al mondo, è fantastico potersi presentare qui e giocare a baseball, e se si può fare tanto vale farlo e giocare duro“.
Si tratta di standard – elevati – ma anche di amore, una caratteristica evidente in quest’ultimo mese, quando un nuovo arrivato come l’interbase esordiente Jeremy Peña è riuscito a produrre due dei più grandi fuoricampo in questa corsa ai playoff per 7-0.
E’ un gruppo che non si aggrappa a ciò che non ha funzionato, né un gruppo che si lamenta per la perdita dell’esterno centro All-Star George Springer e dell’interbase Carlos Correa.
“Siamo una famiglia”, insiste il catcher veterano Martin Maldonado, “questa è la prima cosa, trattiamo tutti allo stesso modo, trattiamo Justin Verlander, con 18 anni in serie A, allo stesso modo di Hensley, un infielder esordiente, qui tutti sono uguali, sappiamo che sono esseri umani e sappiamo che hanno una famiglia“.