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Intervista esclusiva a Giulia Cavina e Micol Cavina

Intervista esclusiva a Giulia Cavina e Micol Cavina

Giulia Cavina e Micol Cavina sono due giovanissime gemelle che stanno scalando molto velocemente le gerarchie del mondo del rugby femminile tricolore, arrivando già a conquistare la nazionale.

Le gemelle Cavina hanno parlato ai nostri microfoni, raccontandoci come si sono avvicinate al mondo della palla ovale ed anche della situazione delle squadre e dei campionati femminili, molte volte dimenticati a causa dello stereotipo che vede il Rugby come sport esclusivamente maschile.

Intervista a Giulia Cavina e Micol Cavina

Noi oltre che raccontare il Rugby, cerchiamo di farlo conoscere a chi vuole avvicinarsi a questo sport. Per quanto riguarda la divisione femminile come potreste raccontare che tipo di competizione c’è?

Micol: Il nostro campionato è diviso in 4 gironi, 3 territoriali e uno meritocratico. Posso però parlare principalmente di quello meritocratico perché è quello in cui gioca la mia squadra, il Villorba. Il livello è molto più alto che in quelli territoriali proprio perché è stato creato in base al posizionamento in classifica e quindi giocano le squadre più forti. Tendenzialmente le squadre più competitive di questo girone sono il Valsugana, il Colorno e noi. Il girone territoriale è un po’ più semplice perché ha come obiettivo quello di permettere alle squadre con magari meno affluenza di giocatrici e con meno disponibilità economica per le trasferte di poter comunque affrontare il campionato.

Giulia: È in primis uno sport di squadra e poi di contatto, queste sono le due caratteristiche principali. Il rapporto con le compagne è quello che più piace di questo sport perché nella maggior parte dei casi si trovano delle amiche che rimangono per sempre, come è successo a me. Il contatto invece è la ciliegina sulla torta, piace a tantissime persone, così tanto che non si aspetta altro che l’allenamento di contatto della settimana, è una valvola di sfogo incredibile e oserei dire crea dipendenza. È molto meno violento di quello che può sembrare, sono presenti moltissime regole che limitano la pericolosità di queste azioni e anche la tecnica è molto importante.

Molte volte viene da pensare che il Rugby sia uno sport prettamente maschile. I risultati dicono il contrario, ma a chi dice così voi cosa vi sentite di rispondere?

Micol: “Probabilmente non hai mai visto una partita di rugby al femminile”  [sorride, ndr]
Non capisco perché le persone tendano ad etichettare ogni cosa. Lo sport è sport e come può praticarlo un uomo può farlo benissimo anche una donna. Ovviamente per una questione di fisicità gli impatti e la velocità sono diversi, ma a parte questo lo sport è lo stesso. Regole, pallone e dimensioni del campo sono le stesse sia per le ragazze che per i ragazzi.
I risultati ottenuti dalle ragazze appunto dimostrano che questo sport non è solo per gli uomini.

Giulia: Che è ora di smettere di etichettare tutto, non ci sono cose riservate al mondo maschile e viceversa, soprattutto se si parla di sport! Mi sono sentita dire spesso che il rugby femminile è un altro sport rispetto a quello maschile purtroppo, quello che provo a rispondere è che questo non è assolutamente vero, le regole sono le stesse, le misure dei campi e della palla sono le stesse, cambiano solo i soggetti.

Come vi siete avvicinate al mondo del Rugby?

Micol: A cinque anni mia madre ha portato me e mi sorella a fare ginnastica artistica mentre mio padre, giocatore di rugby, allenava il Minirugby nel nostro paese. Un po’ per noia di quello che stavamo facendo e un po’ per seguire nostro papà sul campo, a sei anni abbiamo iniziato a giocare.

Giulia: Il rugby è di casa, mio papà mi portava al campo dove si allenava lui e di conseguenza ho iniziato il minirugby con lui come allenatore, ha sempre cercato di coinvolgere il maggior numero di bambine possibili per permetterci di continuare. In u10 e u12 eravamo l’unica squadra composta per il 50% da bambine, e vincevamo tutto. 

La Nazionale femminile è il fiore all’occhiello della FIR (Federazione Italiana Rugby), cosa vi servirebbe per poter migliorare ancora di più?

Micol: Secondo me per poter migliorare ancora di più la FIR potrebbe iniziare a introdurre il professionismo, così che le ragazze possano dedicare molto più tempo agli allenamenti e alla palestra senza preoccuparsi di perdere il lavoro per potersi allenare.

Giulia: Domanda difficile! Credo che vada intensificato e sviluppato il settore juniores, oltre alla possibilità di pescare atlete da un bacino più vasto si alzerebbe il livello competitivo che porterebbe quindi a un miglioramento del livello delle giocatrici.

Come funziona il movimento del Rugby femminile?

Micol: Dai 5 ai 12 anni maschi e femmine giocano insieme, poi dall’under 14 ragazzi e ragazze si dividono e affrontano due percorsi diversi. Le ragazze fino ai 18 anni giocano in metà campo 7 contro 7 per una questione di numeri, mentre i maschi giocano 13 contro 13 tutto campo già dall’under 14 e crescendo poi si avvicinano sempre di più al gioco che andranno a fare in prima squadra.
Le ragazze una volta arrivate in prima squadra o giocano un campionato 7 contro 7 o si iscrivono al campionato a 15 contro 15.

Giulia: Il rugby femminile nasce dall’u14 (prima le categorie sono miste) con dei campionati regionali, per poi arrivare alle fasi nazionali e vincere lo scudetto. Invece la seniores si divide in due mondi: la Serie A e il Rugby x.
La Serie A prevede 5 gironi, il primo meritocratico e gli altri territoriali. Il Rugby x invece è un rugby di tipo propedeutico oserei dire, perché i numeri e le regole cambiano, si gioca in numero minore in metà campo e ci sono molte limitazioni di gioco, proprio per permettere alle persone che non hanno mai giocato di avvicinarsi a questo sport, oppure a quelle società che non hanno i numeri per partecipare alla Serie A di praticare comunque questo bellissimo sport.
Il rugby femminile è tutto dilettantistico, è portato avanti dalla buona volontà dei club e delle ragazze, è un ambiente molto familiare.

Spiegateci il vostro ruolo in campo e cosa significa ricoprirlo

Micol: Io gioco apertura (numero 10) oppure estremo (numero 15). L’apertura insieme al mediano di mischia è il ruolo che principalmente gestisce i giocatori in campo, decide cosa fare, come attaccare e dove. Per me ricoprire questo ruolo è molto importante e soddisfacente perché mi rendo conto che le mie compagne e i miei allenatori si fidano di me e inoltre mi permette di esprimermi tanto nel gioco e di divertirmi.

Giulia: Nel mio club gioco numero 8, sono l’ultima giocatrice della mischia ovvero quella fase di gioco in qui 8 giocatori per squadra si legano fra loro e spingono per contestarsi il pallone. Da questo ruolo ci si aspetta un giocatore con buone doti da placcatore e potente con la palla in mano in grado di sfondare la difesa, in più può ricoprire un ruolo fondamentale nelle rimesse laterali.
Nel mio caso è una responsabilità importante perché si gestiscono le situazioni di gioco e si prendono decisioni per le altre compagne. È un ruolo che mi piace tanto e che sono felice di ricoprire.

Un bel ricordo di Rugby giovanile e uno internazionale

Micol: Ho tantissimi bei ricordi di quando ero piccola, amo questo sport e ho avuto la fortuna di crescere insieme a delle ragazze che adesso per me sono come sorelle. Se dovessi scegliere un momento in particolare però ricordo con piacere la finale di coppa Italia del primo anno di under 16, per noi era già assurdo essere arrivate alle fasi finali del campionato.. ed essere arrivate a giocarci la finale è stato bellissimo. Sfortunatamente perdemmo ma fu una giornata meravigliosa!
Invece a livello internazionale senza dubbio il mio ricordo più bello è stato il torneo a Seven con la Nazionale nel 2017 a Hong Kong, per me è stata la prima esperienza con la nazionale maggiore e inoltre è il posto più lontano dall’Italia in cui io sia mai stata. È stato incredibile!

Giulia: Il ricordo più bello che ho di rugby giovanile è la vittoria del campionato u16 nel 2016 con le compagne di squadra di una vita, il coronamento di un percorso insieme. Il ricordo internazionale più bello è l’ingresso nello stadio principale di Hong Kong nelle semifinali del torneo Hong Kong rugby 7s’, l’ansia di fare bene alla mia prima convocazione con la nazionale seniores e l’eccitazione di avere migliaia di persone a guardarmi giocare sono emozioni che non dimenticherò mai.

L’impatto internazionale, per chi è partito da Cogoleto (GE), com’è stato?

Micol: Non so bene come esprimere cos’è stato per me… si certo un sogno che si avvera, ma non solo, c’è stata la paura di non essere all’altezza, il peso della responsabilità di indossare una maglia che rappresenta migliaia di giocatrici nel tuo paese, l’orgoglio di essere stati scelti, la felicità nel vedere tuo padre commosso… per me sono state e sono un po’  tutte queste cose messe insieme. Inoltre è incredibile poter avere la possibilità e l’onore di giocare con ragazze molto più forti di me, potermi confrontare con ragazze di altri paesi, è stato ed è tutt’ora qualcosa di incredibile.

Giulia: Cogoleto è una realtà molto piccola, ma avendo una squadra femminile consolidata era un po’ il centro ligure del rugby femminile, infatti abbiamo sempre avuto la possibilità di competere con altre società al di fuori della regione e di partecipare a tornei internazionali.
Altra cosa però è andare in giro per il mondo a giocare con la maglia azzura e sfidare ragazze provenienti da nazioni diverse, con un livello agonistico diverso da quello a cui si è abituati! Tutto questo ti spiazza, pensi anche un po’ di essere nel posto sbagliato, ma poi si gioca e tutti questi pensieri lasciano il posto alla partita.

Domanda tecnica per concludere: l’arbitro nel Rugby che funzione ha? E soprattutto che rapporto si crea fra un arbitro/giocatore e un club?

Micol: L’arbitro ci permette di poter svolgere le partite, è una figura molto rispettata e tutti sono consapevoli che ogni decisione che l’arbitro prende è incontestabile. L’unica persona che può parlare con l’arbitro è il capitano, ma solo se l’arbitro glielo permette e quando il gioco è fermo. Se questo non accade si viene sanzionati con un calcio di punizione o addirittura un cartellino giallo/rosso.

Giulia: L’arbitro è il fulcro della partita, senza di lui/lei non si può giocare! La figura dell’ arbitro è molto rispettata da tutti: giocatori, allenatori e pubblico. Gli arbitri instaurano dei veri e propri legami con le società, si allenano con queste sia a livello di preparazione fisica che di esercitazione pratica e simulazione.
Tra l’altro ho fatto l’arbitro di rugby a 16 anni per 2 anni, perché la conoscenza del regolamento (parecchio vasto) è un’arma da giocarsi in una partita, e un guadagno extra che non fa mai male.

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