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Mortalità nel pugilato tra statistiche e cause

Mortalità nel pugilato tra statistiche e cause

Il pugilato è sicuramente il più nobile degli sport da combattimento, ma i decessi di coloro che lo praticano non sono affatto pochi.

Esso è uno sport antico e prestigioso, con una storia che risale all’antica Grecia e ai Giochi Olimpici. Tuttavia, in epoca moderna è divenuto uno sport altamente controverso, con preoccupazioni crescenti riguardo alla salute e alla sicurezza dei pugili, oltre che alla frequenza delle morti sul ring.

Un caso recente che ci spinge a compiere un’analisi approfondita è quello del filippino Kenneth Egano, giovane promessa filippina. Sabato scorso, egli aveva disputato e vinto un match ma, durante la lettura dei cartellini, ha avuto un collasso. Come tragica conseguenza, egli purtroppo è venuto a mancare quattro giorni dopo.

Esamineremo dunque in questo articolo la media annuale dei pugili che muoiono in un anno, le cause più comuni di questi decessi tragici e i progressi fatti sia fuori che dentro il ring per salvaguardare la salute di chi pratica questo sport.

Quali sono le medie sulla mortalità nel pugilato?

Le statistiche sulla mortalità nel pugilato possono variare a seconda delle fonti e degli anni presi in considerazione.

Un report del 2019 afferma che, dal 1920, si sono verificati più di 500 decessi nel pugilato professionistico. Se si considera un arco di tempo di un secolo, la media annuale sarebbe di circa 5 morti all’anno.

Tuttavia, è importante notare che la maggior parte di questi decessi si è verificata prima degli anni ’80, quando le misure di sicurezza non erano ancora così avanzate come oggi.

Negli ultimi anni, la media annuale dei pugili che muoiono in un anno è diminuita. Secondo un rapporto del 2021, nel periodo tra il 2000 e il 2020, ci sono state in media circa 3 morti all’anno. Questo calo è probabilmente dovuto a una maggiore consapevolezza dei rischi associati al pugilato e all’introduzione di misure di sicurezza più rigorose.

Quali sono le cause principali di morte nel pugilato?

Le morti nel pugilato possono essere suddivise in due categorie principali: quelle causate da traumi acuti e quelle causate da traumi cronici.

Verranno spiegate a seguire le loro principali caratteristiche e differenze.

Traumi acuti

I traumi acuti si verificano quando un pugile subisce un infortunio grave durante un combattimento o un allenamento che porta alla morte.

Questi traumi possono includere emorragie cerebrali, fratture del cranio e lesioni cervicali. Le emorragie cerebrali sono la causa più comune di morte tra i pugili e sono spesso il risultato di colpi ripetuti alla testa.

Un esempio di trauma acuto è la morte del pugile russo Maxim Dadashev nel 2019. Dopo aver subito numerosi colpi alla testa durante un combattimento, Dadashev è stato ricoverato in ospedale, dove gli è stata diagnosticata un’emorragia cerebrale.

Nonostante un intervento chirurgico d’urgenza, Dadashev è morto a causa delle complicazioni associate all’emorragia.

Traumi cronici

I traumi cronici sono lesioni a lungo termine che si sviluppano nel corso di una carriera nel pugilato.

Queste lesioni possono includere encefalopatia traumatica cronica (ETC), malattia di Alzheimer, malattia di Parkinson e altre condizioni neurodegenerative.

L’ETC in particolare, nota anche come sindrome da demenza pugilistica, è una condizione comune tra i pugili e può portare a sintomi come perdita di memoria, cambiamenti di personalità e problemi di equilibrio e coordinazione.

Un esempio di trauma cronico è la storia di Muhammad Ali, ex campione del mondo dei pesi massimi e icona del pugilato.

Ali ha sviluppato la malattia di Parkinson dopo il ritiro dal pugilato e ha trascorso gli ultimi anni della sua vita a combattere contro la malattia.

Anche se è difficile stabilire una relazione diretta tra la sua carriera nel pugilato e la malattia di Parkinson, molti esperti ritengono che i colpi ripetuti alla testa che Ali ha subito durante la sua carriera abbiano contribuito al suo declino neurologico.

 

Muhammad Ali vs Trevor Berbick - Drama in Bahama
Nel “Drama in Bahama” contro Trevor Berbick, l’ultimo match in carriera di Muhammad Ali, quest’ultimo mostrò i primi sintomi della Sindrome di Parkinson che lo accompagnerà fino alla fine dei suoi giorni. (Photo credit: John Iacono)

 

Quali misure di sicurezza sono state prese nel pugilato?

Nel corso degli anni, il pugilato ha introdotto diverse misure di sicurezza per ridurre il rischio di infortuni gravi e mortalità.

Queste misure includono l’uso di caschi protettivi, l’introduzione di guantoni più sicuri e la presenza di medici esperti ai bordi del ring durante i combattimenti.

Inoltre, le organizzazioni di pugilato hanno adottato regole più rigorose riguardo alla durata dei round e alle pause tra i combattimenti per permettere ai pugili di recuperare adeguatamente.

Nonostante queste misure, è importante riconoscere che il pugilato rimane uno sport ad alto rischio e che gli infortuni gravi e le morti sul ring continuano a verificarsi.

Alcuni esperti sostengono che ulteriori miglioramenti nella sicurezza dei pugili potrebbero essere raggiunti attraverso l’adozione di tecnologie avanzate, come i caschi che monitorano l’impatto dei colpi e i guantoni dotati di sensori per misurare la forza dei pugni.

Altri ritengono che la soluzione risieda nella trasformazione radicale del pugilato stesso, attraverso la promozione di varianti più sicure dello sport, come il pugilato senza contatto o il pugilato olimpico, che ha regole più rigorose per quanto riguarda la sicurezza dei pugili.

Alcuni casi di morti premature nel pugilato

Oltre a quelli in menzionati in precedenza, come anche sottolineato all’inizio, parte della tragicità nel pugilato è contenuta nelle morti premature di pugili nel pieno delle loro carriere.

Riporteremo in seguito alcuni esempi famigerati di vittime del ring, ossia pugili morti a causa di traumi riportati durante incontri recenti.

Ernie Schaaf

Parlando della prima metà del 20° secolo non si può non menzionare quella del pugile statunitense Ernie Schaaf. Campione del New England, il 10 febbraio del 1933 disputò il suo ultimo match contro la leggenda italiana Primo Carnera, che trovò la vittoria mandandolo al tappeto alla 13° ripresa.

Schaaf non si alzò e finì in coma. Venne portato d’urgenza in ospedale e morì quattro giorni dopo, a San Valentino. L’autopsia tuttavia rivelò che aveva la meningite e che, quando salì sul ring per affrontare Carnera, stava anche combattendo contro una grave influenza.

 

Primo Carnera vs Ernie Schaaf
Primo Carnera vs Ernie Schaaf, 10 febbraio 1933. (Photo by: BoxRec)

 

Benny Paret e Davey Moore

Partendo dagli anni ‘60, spuntano fuori i nomi di Benny “Kid” Paret, che morì nel 1962 a causa dei colpi alla testa inflitti da Emile Griffith nel loro terzo scontro per il titolo dei pesi welter, e Davey Moore, morto nel 1963 a causa di un brutto infortunio riportato nel corso del match contro Sugar Ramos, nel quale perse anche il titolo di campione dei pesi piuma

 

Benny Paret vs Emile Griffith 3
Benny Paret vs Emile Griffith 3, 24 marzo 1962 (Photo by: The Fight City)

 

L’infortunio che si rivelò poi fatale due giorni dopo avvenne durante la 10° ripresa quando, a seguito di un potente gancio destro di Ramos alla testa, Moore cadde a terra sbattendo violentemente la nuca contro la corda più bassa, subendo gravi danni al tronco encefalico.

Nel 1958, un altro pugile morì a causa dei danni riportati in un match contro Sugar Ramos, Jose Blanco.

 

Davey Moore vs Sugar Ramos
Davey Moore vs Sugar Ramos, 21 marzo 1963 (Photo by: BoxRec)

 

Furono questi due tragici decessi ad ampliare allora un grande dibattito sui pericoli presenti nel mondo del pugilato.

Le morti di Moore e Blanco sono state anche menzionate e riprese in Rocky Joe (Ashita no Joe in lingua originale) che, essendo un manga dedicato al mondo del pugilato, tratta anche le tematiche qui menzionate.

 

Vignette Rocky Joe 9
Le vignette presenti nel nono volume del manga Ashita no Joe/Rocky Joe, nel quale l’allenatore Danpei Tange menziona i due match di Sugar Ramos contro Blanco e Moore. (Disegni: Tetsuya Chiba. Testi: Asao Takamori. Adattamento: Vanna Vinci)

 

Angelo Jacopucci

Tra i nostri connazionali, è doveroso prendere come esempio la morte di Angelo Jacopucci. Il 19 luglio del 1978, egli affrontò Alan Minter in un match valevole per il titolo europeo dei pesi medi, che aveva già detenuto in precedenza.

Durante la 12° ripresa, egli abbassò la guardia completamente privo di energie e subì dei violentissimi colpi alla testa. Tuttavia nessuno ritenne necessario l’interruzione del match, dall’arbitro al medico a bordo ring. Alla fine finì al tappeto e perse per KO.

Nonostante i danni subiti, dopo il match partecipò in segno di grande rispetto sportivo ai festeggiamenti della vittoria di Minter, ma davanti a quest’ultimo iniziarono i momenti fatali: Angelo venne colto da un malore e in seguito trasportato in pronto soccorso dove gli venne diagnosticato un’emorragia celebrale.

Fu trasportato in un ospedale di Rimini in stato di coma, e in seguito in uno di Bologna. Lì venne dichiarato clinicamente morto fino al 21 luglio, e la mattina dopo i medici decisero di staccare la spina. Jacopucci aveva 29 anni.

A seguito della sua morte, il medico a bordo ring venne accusato di omicidio colposo e dichiarato colpevole, e vennero prese importanti precauzioni nel mondo del pugilato.

Da quel momento in poi la TAC sarebbe diventata obbligatoria, non furono più consentiti incontri in località distanti a più di un’ora da centri neurologici, e la EBU decise di ridurre a 12 le riprese dei match valevoli per i titoli europei.

 

Angelo Jacopucci Vs Alan Minter
Angelo Jacopucci Vs Alan Minter, 19 luglio 1978 (Photo by: Wikipedia)

 

Kim Duk Koo

Il sudcoreano Kim Duk Koo, campione dell’Oriente e del Pacifico, raggiunse la notorietà nel pugilato mondiale per via del match valevole per il titolo mondiale WBA dei pesi leggeri contro l’allora campione Ray Mancini.

Già dalle parole dei due pugili, si percepiva questo scontro sul ring come una vera e propria guerra tra due icone dell’Occidente e dell’Oriente.

Il match si svolse a Las Vegas il 13 novembre del 1982, e per una buona parte i due erano testa a testa. Questo fino a quando “Gidae” non iniziò a bersagliare l’orecchio e l’occhio di Mancini.

Quest’ultimo, tuttavia, riuscì a ribaltare la situazione nelle ultime riprese, e riuscì a mandare al tappeto il coreano nella penultima ripresa. Kim, che non aveva mai combattuto sulla distanza di 15 riprese, finì in coma cinque minuti dopo, e venne portato d’urgenza in ospedale dove fu sottoposto a un intervento chirurgico per via di un ematoma. Morì quattro o cinque giorni dopo, il 18 novembre.

L’ematoma che si rivelò fatale fu causato da un pugno alla testa, ed era composto da circa 100 cm³ di sangue.

Come nel caso di Jacopucci, a seguito della morte di Kim Duk Koo le organizzazioni internazionali decisero nel corso del decennio di ridurre i round da 15 a 12.

Inoltre, vennero aggiornate le procedure mediche pre-combattimento. Si aggiunsero infatti da allora come controlli l’elettrocardiogramma, il test al cervello e quello ai polmoni.

Sfortunatamente, alla morte di “Gidae” seguirono anche conseguenze tragiche. Mancini attraversò un periodo di depressione per i sensi di colpa, la madre si tolse la vita tre mesi dopo, e lo stesso fece l’arbitro del match Richard Green, anche lui pervaso dai sensi di colpa.

 

Ray Mancini Vs Kim Duk Koo
Ray Mancini Vs Kim Duk Koo, 13 novembre 1982 (Photo by: The New York Times)

 

Conclusione

La mortalità nel pugilato è un problema serio e preoccupante.

Sebbene la media annuale dei pugili che muoiono in un anno sia diminuita nel corso del tempo, la realtà è che ogni morte è una tragedia e solleva interrogativi sulla sicurezza dello sport.

Il segnale più recente è stato dato dalla scomparsa di Kenneth Egano, menzionato all’inizio.

I traumi acuti e cronici derivanti dai colpi alla testa rappresentano le cause più comuni di morte tra i pugili, sottolineando la necessità di continuare a migliorare la sicurezza e la prevenzione degli infortuni nel pugilato.

Le misure di sicurezza introdotte nel corso degli anni hanno contribuito a ridurre il rischio di infortuni gravi e mortalità, ma è chiaro che ulteriori progressi devono essere fatti.

La promozione di varianti più sicure del pugilato e l’adozione di tecnologie avanzate per monitorare e prevenire gli infortuni potrebbero essere la chiave per garantire che il pugilato sia uno sport sicuro e apprezzato dai fan e dai pugili per molti anni a venire.