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Wimbledon: non “british”, ma The Championship dal 1877

Wimbledon: non "british", ma The Championship dal 1877

Chi si approccia al tennis si imbatte quasi subito in questo sobborgo di Londra, Wimbledon, dove vengono giocati i Campionati, The Championships. Nessun grande giocatore l’ha mai snobbato; il lungo elenco di chi l’ha vinto coincide con quello dei grandi dell’intera era del tennis. All’indomani quindi dal più antico torneo di Tennis, è giusto iniziare ad immergersi nell’elegante atmosfera londinese, ad assaporare il profumo dei prati, ad immaginarsi vestiti di bianco con in mano una coppa di fragole con panna, un binomio inscindibile, accompagnato esclusivamente da fiumi di Pimm’s .

Per Wimbledon le valigie si controllano bene.

Su Wimbledon vi è molto da trattare, ma sarebbe sufficiente solo questa nota per dire che tutti i tennisti professionisti vorrebbero giocarci, magari sul Centrale, il Centre Court, e vincerlo. È il sogno di tutti i tennisti in fondo, pure quelli di circolo. Su erba, fine giugno, per due settimane, 7 incontri al meglio dei 5. Serve and Volley.

Per i tennisti però fare le valigie per Wimbledon è diverso che farle per andare in un qualsiasi altro torneo. Non ci sono strane decisioni da prendere come quali combinazioni si accostano meglio al colore degli occhi, sponsor o superstizioni varie. L’unico colore ammesso è il bianco, inclusi anche gli indumenti non fatti per essere visti.

Il dress code è uno dei tanti elementi del torneo che ne caratterizzano l’unicità, una parte tanto integrante quanto l’erba, le fragole e lo storico drink british a base di ginger ale, foglie di menta e frutta, il Pimm’s per l’appunto. I colori sociali sono il Viola ed il Verde, quindi tutti gli Umpire, arbitri, hanno un vestito che si intona a questi colori. Le Cravatte sono regimental Viola e Verde, gli asciugamani degli atleti Viola e Verde. Chiunque possa entrare è dunque controllato dalla testa ai piedi sia che si tratti dell’arbitro che di un nuovo giocatore o di uno che questo torneo lo ha vinto 7 volte.

FEDERER, ELIMINAZIONE CAUSATA DALLE SCARPE | Tennis.it

Così è deciso: ma c’è chi sgarra e per punizione viene multato: è il caso di Roger Federer. Lo svizzero, infatti, nel 2013 scese nel green di Wimbledon con della scarpe che presentavano delle nette suole arancioni. Un distacco troppo forte, fuori tema e lontano dai codici del dress code.

Negli ultimi anni, con il vestiario del tennis diventato sempre più colorato, le regole di Wimbledon si sono irrigidite maggiormente. Le donne erano abituate ad avere le mutande o le spalline del reggiseno fuori regola, ma qualche anno passato tre ragazzi sono stati mandati a cambiarsi le mutande, un capo difficilmente visibile sotto i pantaloncini. In uno sport atletico però come il tennis, gli indumenti intimi possono diventare visibili quando ci si allunga o si cade. Sua Maestà non voglia cadute di stile.

A Wimbledon fugge dal rigido controllo solo il rigido viso

Al torneo di Wimbledon si deve ovviamente seguire il regolamento non solo per il vestiario ma anche per il comportamento. Vedesi Fognini con Federer davanti alla Regina Elisabetta. Altrimenti si cade nella famosa “violazione di codice”. Ebbene, nel torneo più rinomato e controllato dove nemmeno il sudore sugli indumenti è di casa, pare che alcuni invece si lascino ogni tanto un po’ andare.

Posati, sorridenti ma non troppo, regolati in ogni loro azione: siamo abituati a vedere così tutti i reali europei, in particolare quelli inglesi, le cui uscite ufficiali riscuotono sempre particolare interesse. Ogni volta, i membri della Royal Family ci sorprendono con il loro comportamento che segue alla perfezione l’etichetta e il protocollo vigente a Palazzo: dalle strette di mano ai saluti composti alla folla, fino alle espressioni talvolta “neutre” e indecifrabili.

Tuttavia, c’è un solo evento all’anno in cui la “maschera” cade e dove tutto (o quasi) sembra essere permesso:il torneo di Wimbledon! I reali non hanno paura di mostrare in quella occasione i loro sentimenti che vanno dalla pura gioia per la vittoria in un incontro del proprio tennista preferito alla delusione o la noia di fronte ai match meno avvincenti.

Wimbledon: non "british", ma the Championship dal 1877
Wimbledon: non “british”, ma the Championship dal 1877

Considerata la casa reale il pezzo più forte del british, è possibile includere le espressioni alcune volte tanto divertite quanto divertenti della famiglia reale, Regina Elisabetta compresa, anzi soprattutto, come le eccezioni che confermano la regola. Non è in fondo l’eccessivo zelo che va a diminuire il vero senso del torneo, anzi, può essere occasione, come dimostrato, di simpatiche trasgressioni.

Wimbledon e il “Never on Sunday”

Per il torneo di Wimbledon e per la sua prestigiosa portata sportiva, non costituisce un pericolo l’acribia e la fervida sollecitudine nell’esplicazione delle regole, dei compiti o delle varie mansioni estremizzate come nel caso della squadra dei 16 giardinieri che dai mesi di marzo si tramutano nei parrucchieri dei campi in erba, i cosiddetti “grounds” che fanno parte dei “courts”, i campi di giocata.

Il problema di questi eventi sorge quando si snaturano per altre vie. Fino agli anni novanta di domenica a Wimbledon si riposava e si dedicava la giornata alla famiglia o ad altro. Semplicemente era un giorno di riposo anche per le famiglie degli addetti ai campi ed al torneo. Una forma di gran rispetto per il pubblico, per gli atleti e per i lavoratori del “All England Lawn Tennis and Croquet Club“, il circolo di tennis che ospita il torneo.

Poi, i soldi delle TV americane hanno comprato anche la free Sunday. Quindi, ora, viene messo da parte il “Never on Sunday” (mai di domenica ndt), punto storico e importante del torneo, per motivi vari, ma che non è troppo difficile immaginarsi lontani dal fattore economico. Quest’abitudine radicata ha sempre portato il torneo a concedere la domenica che fa da spartiacque alle due settimane dello slam (la Middle Sunday) di riposo ai giocatori, un giorno in cui nessuna partita viene disputata.

Vi è da riconoscere comunque che questo ostinarsi a mantenere il punto ha spesso portato l’organizzazione a dover fare i salti mortali per riprogrammare i match senza toccare quella domenica anche quando si stava giorni senza giocare a causa della pioggia. L’arrivo del tetto per il centrale ha eliminato un po’ di difficoltà, ma la programmazione spesso è stata comunque compressa. E quindi anche l’impomatato torneo sull’erba ha deciso di cambiare.

Il guaio dei grandi eventi come questi è la perdita del loro prestigioso significato a causa del pesante fardello dei soldi che porta ad abbassare i target e a scendere a compromessi. Viene un po’ da ridere a pensar di poter far rientrare Wimbledon all’interno di questa categoria di eventi, ma se così dovesse essere per il futuro, l’importante è che non ci si abbassi al punto di andare a tradire il senso profondo del torneo.

Intanto è possibile dire il proprio parere, ossia che Wimbledon è così da quando c’è il tennis e sempre sarà così con il tennis. Meno che per la domenica. Se le TV individueranno qualcosa da cambiare allora forse cambierà. Non avremo però mai un Campionato meno prestigioso, meno combattivo, meno affascinante, meno “The Championship”.

 

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