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Recensione de “Il Divin Codino”, film su Roberto Baggio

Recensione de "Il Divin Codino", film su Roberto Baggio

ll Divin Codino è sicuramente uno dei film più attesi del 2021. Andiamo ad analizzare di cosa parla la trasposizione cinematografica della vita sportiva e personale di Roberto Baggio.

Il Divin Codino: la trama del film su Roberto Baggio

Veniamo subito catapultati nel 1985, quando Roberto Baggio giocava ancora nel Lanerossi Vicenza; l’intervista fatta durante l’avvicinamento all’ultima giornata di Serie C tra la sua squadra ed il Rimini, allenato da Arrigo Sacchi, ci fa capire che quel ragazzo appena maggiorenne ha già un brillante futuro di fronte a se. Il rapporto con il padre non è dei migliori, tanto che lo stesso quasi snobberà il figlio che gli annuncia il passaggio alla Fiorentina, dicendo che con quello che guadagna riuscirà finalmente a ripagargli le vetrate rotte in azienda da bambino.

Durante la partita contro il Rimini avvenne il primo infortunio del futuro campione, la rottura del legamento crociato del ginocchio destro; è qui che si capisce che il film parlerà dell’uomo Roberto Baggio più che dello sportivo. E’ infatti sul letto di ospedale che quel ragazzo di 18 anni con un sogno in tasca crede che lo stesso sia finito ancor prima di cominciare; con un salto temporale arriviamo a Firenze e vediamo un Baggio solo, abbandonato a se stesso, in una città che non conosce, senza poter giocare a calcio. E’ lì, in preda alla disperazione, che Baggio abbraccerà il buddismo grazie ad un venditore di dischi musicali.

Grazie all’allenamento ed alla “pulizia del proprio chakra”, Roberto Baggio riesce ad evitare la cessione al Pescara in Serie B ed a concentrarsi su se stesso e sui suoi obiettivi. C’è da dire che il film non ripercorre la carriera infinita de Il Divin Codino, ma si focalizza su poche tappe per lui fondamentali; ecco perché a metà pellicola arriviamo negli Stati Uniti, Mondiali di Calcio 1994; viene messo in risalto il rapporto complicato con l’allora Commissario Tecnico della Nazionale Italiana di Calcio, quell’Arrigo Sacchi che lo aveva visto a terra dolorante quando aveva solo 18 anni e che deve gestire un carattere ribelle e poco incline al sacrificio.

Roberto Baggio e la Nazionale Italiana non vanno bene in quel Mondiale, almeno all’inizio; un pareggio, una vittoria ed una sconfitta mettono l’Italia in una situazione complicata tanto che viene ripescata per far parte delle Magnifiche 8; il rapporto con Sacchi si complica, l’allenatore emiliano chiede sacrificio a Il  Divin Codino ma lui non ci sente ed accusa l’allenatore di voler oscurare, perché sa che una vittoria dell’Italia metterebbe il giocatore al 1° posto.

In Semifinale Il Divin Codino si infortuna ma vuole comunque giocare la finale contro il Brasile di Romario (iconico lo sguardo di sfida del giocatore nei confronti del fuoriclasse brasiliano nel tunnel dello spogliatoio poco prima della partita) memore anche di una promessa fatta al padre nel 1970 quando la Nazionale perse proprio contro il Brasile di Pelè nella finale a Città del Messico.

E’ a questo punto del film che l’obiettivo di Roberto Baggio va in frantumi; una carriera lunga quasi 20 anni ed un obiettivo, vincere contro il Brasile in una finale di Coppa del Mondo, si infrange sul dischetto dell’ultimo rigore calciando la palla alta. Roberto Baggio è disperato, da lì in poi cambierà spesso maglia non trovando mai il posto giusto dove rimanere; dopo 6 anni (siamo nel 2000) la moglie lo vede sempre più depresso, ormai dedito più alla cura del verde che di se stesso, rinchiuso in un incubo che dura da quel maledetto rigore che ha sbagliato.

Qui ci viene mostrata tutta la fragilità de Il Divin Codino tanto che la moglie gli dice che “forse è stato un bene che tu abbia sbagliato quel rigore, hai fatto vedere che sei umano.”; da questa frase Roberto Baggio si risveglia come da un sonno eterno e mette nell’obiettivo i Mondiali del 2002.

Per partecipare a quel Mondiale gli serve però una squadra, non è come Maradona che si ritirò a vita privata per prepararsi al Mondiale 1994. E’ lì che avviene l’ennesima svolta della sua carriera: si fa avanti il Brescia che offre a Il Divin Codino la possibilità di redimere le sue “colpe”. L’allenatore Carlo Mazzone (interpretato dal comico Martufello) si rivelerà come un padre per Baggio, tanto da adottare uno schema semplice ma funzionale: palla e Baggio e gol, così ci si salva. Il Brescia terminerà quel Campionato di Serie A all’8° posto grazie anche ai gol di Baggio e, grazie a quelle prestazioni, la Nazionale Italiana di Calcio riaprirà le porte al figliol prodigo.

L’allenatore di quella Nazionale è Giovanni Trapattoni, un allenatore che conosce bene Roberto Baggio e che lo vuole a tutti i costi; certo, il gruppo è ormai quasi assodato, ma avere un campione come lui non può fare che bene. Se sarà in forma, Il Divin Codino farà parte della spedizione in Corea del Sud e Giappone nell’estate del 2002; ma a Gennaio la carriera di Baggio prende un’altra svolta: quel ginocchio destro, quello del primo infortunio della sua carriera, quello infortunato nella Semifinale del 1994 si rompe di nuovo.

Roberto Baggio è sconvolto, non vuole più nemmeno allenarsi, ormai la sua carriera è finita…ma il suo manager ed amico lo convince, lui è Roberto Baggio e non può permette che un guaio fisico lo fermi una volta per tutte, va anche contro i dogmi del buddismo. Con la preghiera ed il duro lavoro, Baggio rientra miracolosamente dopo 6 mesi e contribuisce alla salvezza del Brescia.

Ma le delusioni per Il Divin Codino non sono finite: nell’elenco dei convocati per il Mondiale 2002 lui non c’è nonostante le raccomandazioni di Trapattoni e lo stato fisico tornato ad essere quello pre-infortunio. In un impeto di rabbia, Baggio sta per abbattere un albero, ma ci ripensa; va fuori col padre a caccia, passione che li accomuna, e lì il padre gli dice che la promessa fatta nel 1970 non è mai avvenuta.

Tutto quello per cui ha lavorato è basato su una bugia ma il padre gli dice che lo ha fatto per motivarlo, per dargli una spinta e non farlo mollare come fece lui con il ciclismo. La pellicola si chiude con un gruppo di appassionati che riconoscono Roberto Baggio in una stazione di servizio e lo circondano per una foto o un autografo, dimostrando che comunque andrà a finire lui sarà sempre ricordato come un campione.

Il Divin Codino: il significato del film

E’ difficile spiegare cosa vuol trasmettere Il Divin Codino in poche righe; per chi, come me, è cresciuto con il mito di Roberto Baggio risulta quasi impensabile vedere l’uomo oltre che il campione. Ma il film fa proprio questo: il campione rimarrà sempre ma l’uomo che ci viene proposto da tutta un’altra dimensione; credo che ognuno di noi si sia chiesto almeno una volta nella vita chi c’è dietro una maglia con un nome ed un numero che cerca la gloria su un campo di calcio e questo film prova a farcelo capire.

Veniamo catapultati in un mondo molto più umano, lontano dai lustrini e dalla ricchezza tipica del mondo del calcio, vediamo un mondo più domestico ed intimo che ci fa capire che dietro ad un campione c’è sempre un uomo; si diventa automaticamente empatici con Roberto Baggio, ci viene mostrato il bello ed il brutto del calcio oltre a farci riflettere che non si è mai troppo vecchi per inseguire un sogno.

Il film è pieno di analogie con la vita moderna, come quando Baggio vuole abbattere un albero ormai vecchio che non da più frutti ma si ferma: ci fa capire che non importa quanto si farà nel futuro ma quanto si è fatto nel passato, che non importa se si è fallito in qualche modo ma come ci si rialza da quel fallimento.

Consiglio Il Divin Codino a tutti quelli che hanno sognato una volta di essere Roberto Baggio oppure a chi sta passando, per un motivo o per un altro, un periodo molto difficile della propria esistenza. Forse Il Divin Codino non vi darà gli strumenti per risolvere i vostri problemi ma vi aiuterà a capire come fare e vi darà quella motivazione che, sotto sotto, sapete di avere.

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