Sport Da Combattimento

Yoel Romero e il terribile infortunio al collo

Yoel Romero lo conosciamo tutti, è uno dei pesi medi più forti al mondo che ha segnato gli ultimi cinque anni della UFC con combattimenti spettacolari. Inoltre, è senza dubbio uno dei più grandi lottatori a non aver mai vinto la cintura UFC.

Molti però non conoscono questa storia di un infortunio che dieci anni fa stava per paralizzare il lottatore cubano. Uno dei motivi principali è che Yoel ne ha parlato raramente, anche a causa della ferita emotiva che ha provocato in lui.

YOEL ROMERO E IL TERRIBILE INFORTUNIO AL COLLO

Poco dopo il match perso contro Rafael Cavalcante in Strikeforce, Yoel Romero si è sottoposto ad un intervento chirurgico per riparare la sua quarta vertebra cervicale rotta. Praticamente Romero si era rotto il collo. Qualsiasi essere umano sarebbe stato ostacolato nei movimenti per il resto della sua vita e, infatti, i medici avevano detto a Yoel che non avrebbe potuto più combattere.

La cicatrice di Yoel Romero
La cicatrice di Yoel Romero

Inoltre, ciò che ha permesso a Romero di salvarsi sono stati i suoi enormi trapezi e il suo collo fortissimo sviluppato nei suoi anni da lottatore. Tutto questo viene raccontato da Romero stesso in un’intervista del 2015 a MMAJunkie che riportiamo qui sotto.

INTERVISTA A YOEL ROMERO RIGUARDO L’INFORTUNIO DEL 2011

SWD: Dal 2011 al 2013, sei stato fuori dalle MMA con un infortunio al collo. Ti sei effettivamente rotto il collo. Puoi dirci in cosa consisteva l’infortunio e quanto è stata dura la strada di ritorno?

Yoel Romero: Ho già risposto a questo in una domanda precedente. Prima di lasciare Cuba, ho deciso che avrei fatto questo e sarei arrivato in serie A.

SWD: Quindi non importa come, stavi tornando da quell’infortunio?

Yoel Romero: Ho piena fiducia in Dio e in me stesso. Dio ha benedetto me e la mia famiglia e mi ha permesso di tornare in salute. Dio è stato il sostentamento che mi ha sostenuto. Era l’altro motore di propulsione. Perché una volta che ho avuto mia figlia, ho dovuto continuare a lottare per la vita che volevo darle.

Prima di lasciare Cuba, sapevo che dovevo raggiungere questo obiettivo di lottare. Dovevo farlo. I medici mi hanno detto che non potevo più combattere a causa della ferita al collo. Dovevo essere operato solo per essere un cittadino comune. Mi hanno avvertito che qualsiasi mossa sbagliata prima dell’operazione e potevo morire o essere paraplegico.

SWD: Ha ancora a che fare con quell’infortunio? C’è ancora un grande rischio per la sua salute?

Yoel Romero: Al momento dell’operazione, i medici mi dissero che non avrei potuto muovere il collo in nessuna forma e per questo erano sicuri che non avrei più combattuto. Sapevo, da quando sono uscito da Cuba, di essere in salute e di poter affrontare la vita e qualsiasi cosa la vita avesse in serbo per me. E la vita mi ha messo alla prova (l’infortunio al collo), e la vita mi sta ancora mettendo alla prova per questo.

[La sua testa si è abbassata, gli occhi che guardano in basso, l’emozione che scorre nelle sue parole. La battaglia di ritorno da un grave infortunio che minacciava la vita e il rischio quotidiano di allenarsi e combattere era diventato improvvisamente molto presente].

Yoel Romero: Ogni giorno, so che potrei morire in allenamento. Ogni giorno, so che devo farlo per migliorare la vita di mia figlia e di mio figlio. Ci sono momenti in cui parliamo senza sapere a quale portata la vita può presentare queste prove. E diciamo come padri, come fratelli: “Figlio, darò la mia vita per te. Fratello, darò la mia vita per te. Figlia mia, darò la mia vita per te”.

Poi arriva la vita e ti dà questa prova e te la fa provare ogni giorno! Ecco perché amo e ho fede in Dio, perché so che il tempo su questa terra è solo un pezzo di tempo. Ama e dai il meglio di te ogni giorno alle persone che hai intorno.

Questo è stato l’emozionante racconto di Yoel Romero in una delle rare volte in cui ha parlato del suo brutto infortunio come a voler dimenticare quel brutto incidente, ma che purtroppo dovrà conviverci per sempre.

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