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Arrampicata: anche Laura Rogora fuori a Tokyo 2020

Arrampicata: anche Laura Rogora fuori a Tokyo 2020

Per l’arrampicata sportiva italiana sfuma il sogno di una medaglia alle Olimpiadi che a Tokyo 2020 hanno segnato lo storico debutto di questa disciplina. Fatale per Laura Rogora la disastrosa prestazione nello Speed, che l’ha vista penultima. Vana la rimonta nel Boulder, dove è arrivata settima, e la buona salita nel Lead, dove pur classificandosi decima è però rimasta ben lontana dal Top dei quindici metri.

L’azzurra Laura Rogora, romana di vent’anni, non è riuscita quindi a qualificarsi per la finale di venerdì. Nemmeno il venticinquenne altoatesino Michael Piccolruaz e il ventiquattrenne trentino Ludovico Fossali hanno superato le eliminatorie di martedì.

L’arrampicata sportiva in una combinata che fa discutere

Nell’arrampicata, Martedì Piccolruaz ha pagato le difficoltà nel Boulder, mentre Fossali non è stato all’altezza delle sue capacità in nessuna prova della nuova combinata olimpica, criticata da tutti gli arrampicatori in gara. Risultato finale delle qualificazioni: Piccolruaz quindicesimo e Fossali diciannovesimo su venti atleti in gara. Per entrare nella finale sia femminile che maschile era necessario qualificarsi tra i primi otto.

Arrampicata: anche Laura Rogora fuori a Tokyo 2020
Arrampicata: anche Laura Rogora fuori a Tokyo 2020

Tutti gli arrampicatori classici hanno scontato l’inedita formula della combinata, una sorta di triathlon della verticalità su plastica che mette sullo stesso piano la prova velocità, quella di forza e quella di abilità, più simile alle salite su roccia.

Già dalle prossime Olimpiadi di Parigi 2024, a fronte delle aspre critiche degli atleti, lo Speed sarà una disciplina a sé, mentre Boulder e Lead uniranno i punti per un’altra medaglia. 

Per poter essere ammessa come disciplina olimpica, la International Federation of Sport Climbing (IFSC), che esiste dal 2007 e ha sede peraltro a Torino, ha deciso di accorpare le tre discipline: lead climbing, bouldering e speed.

Il problema è che, se molto spesso arrampicatori forti sulle pareti se la cavano anche nei blocchi e viceversa, praticamente nessuno si dedica allo speed, una disciplina assai marginale i cui campioni sono spesso (non sempre) scarsi nell’arrampicata vera e propria. A Parigi nel 2024 le discipline dovrebbero però essere scorporate, e lo speed dovrebbe tenersi a sé.

Perché per salire lo speed wall, come si chiama la parete standard, si usa una tecnica molto diversa: niente ragionamento, eleganza, pulizia, equilibrio, ma più che altro forza bruta, slancio, foga. I fisici dei campioni di speed climbing sono non a caso molto più massicci di quelli solitamente asciutti degli arrampicatori.

Nello speed, poi, si sale dandosi la spinta coi piedi e appoggiando e tirando molto rapidamente con le mani, con uno stile “scimmiesco” totalmente diverso da quello più ragionato e composto della normale arrampicata.

L’arrampicata sportiva si rinnova

L’arrampicata sportiva ha una storia di quasi mezzo secolo. L’alpinismo, inteso come attività di conquista ed esplorazione delle grandi montagne, specialmente europee e himalayane, si praticava fin dalla fine dell’Ottocento.

A partire dagli anni Sessanta cominciò a diffondersi l’idea che avesse senso alzarsi su pareti anche non molto alte, non per raggiungere posti dove diversamente era impossibile arrivare, ma principalmente per l’aspetto sportivo ed estetico del tirarsi su per quei grandi muri di roccia.

Nei successivi trent’anni, l’arrampicata sportiva divenne la disciplina che è oggi. Prima con le scalate sulle altissime e liscissime pareti dello Yosemite, in California, soprattutto con strumenti come ganci e scalette, e poi in Europa e in altri paesi provvisti di montagne, anche basse purché rocciose.

Col passare degli anni si affermò una filosofia più purista, che prevedeva di utilizzare solo mani e piedi, legati a una corda. Le tecniche si affinarono, le scarpette e le attrezzature vennero perfezionate, sempre più falesie e pareti vennero provviste di chiodi (e poi di “spit”, chiodi ben più sicuri) perché gli arrampicatori potessero agganciarci la corda e proteggersi in caso di caduta.

Le difficoltà aumentarono, e il rapporto con la montagna diventò sempre più marginale per molte delle persone che praticano l’arrampicata, in favore di un approccio più laico e sportivo, favorito dalla diffusione delle palestre artificiali indoor, frequentate da sempre più persone anche solo saltuariamente.

L’arrampicata sportiva totalmente imprevedibile in questa prima edizione

Nell’arrampicata sportiva alle Olimpiadi, tra i venti uomini e le venti donne in gara c’è qualche atleta specializzato nello speed climbing, come la polacca Aleksandra Miroslaw o il kazako Rishat Khaibullin, che però faticano molto nelle altre due discipline.

Allo stesso modo, i più forti arrampicatori al mondo hanno dovuto allenarsi specificamente sullo speed wall in vista delle Olimpiadi, perché senza fare un ottimo risultato anche lì non avranno chances di vincere.

Il podio finale è insomma abbastanza imprevedibile: difficilmente potranno arrivarci specialisti nella velocità, che andranno in difficoltà nelle altre due prove; ma non è detto che i più forti nel lead climbing e nel bouldering possano effettivamente arrivare a una medaglia, se faranno particolarmente male nello speed.

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